Testimonianze

Annibale Salsa

Esperto di cultura alpina e past president CAI

La pratica escursionistica – soprattutto in montagna – sta attraversando, da alcuni anni, una fase importante di valorizzazione. Essa riflette l’emergere di nuovi bisogni di conoscenza del territorio e di attività all’aria aperta. In risposta a tali nuove esigenze si sono attivate, in molti territori, iniziative di recupero della rete dei sentieri preesistenti. Si tratta di quella fitta trama di infrastrutture storiche ereditate, in prevalenza, dalle pratiche rurali di tipo alpi-colturale (alpeggi, malghe, attività forestali) e da un reticolo di vie di collegamento fra villaggi e insediamenti temporanei d’alta quota Riconoscere e attribuire valore culturale a questi segni materiali dell’uomo significa, altresì, favorire ricadute importanti – quantificabili e misurabili – di ordine economico-sociale sui territori attraversati in forza del coinvolgimento dei locali «stakeholder» (portatori di interesse), attori indispensabili nel promuovere iniziative turistiche «swet» a basso impatto ambientale oltre che ad elevato valore aggiunto. Grazie alle reti sentieristiche ed alle forme indotte di turismo sostenibile, molte località delle nostre montagne possono ritrovare una nuova vita. Una vera e propria rinascita è possibile dopo lunghi periodi di marginalizzazione o di subalternità nei confronti di ambiti turistici contrassegnati da scelte poco compatibili con la qualità ambientale e paesaggistica. Nuove professioni si vengono, pertanto, a definire nel panorama delle occasioni di lavoro per i giovani. Si possono creare, così, le condizioni per costruire un avvenire concreto per la cosiddetta impropriamente «montagna minore», dimenticata e rimossa da quelle miopi visioni consumistiche ed urbano-centriche che hanno avviato il declino delle terre alte nel secondo dopoguerra. Questi inediti scenari si inscrivono all’interno di un cambiamento culturale chiaramente percepibile a partire da qualche lustro. Un cambiamento che deve essere incoraggiato per mezzo di scelte culturali e politiche attente ai territori, alle loro specificità identitarie diversificate, a opzioni formative destinate a promuovere una rinnovata re-alfabetizzazione territoriale. Operazione, quest’ultima, di cui le giovani generazioni hanno un grande bisogno in funzione di contrasto con il dilagare dei «non-luoghi» costruiti dalla nostra società de-territorializzata e spersonalizzante. Le reti sentieristiche possono innescare, quindi, auspicati processi di riposizionamento della montagna e rendere possibile, come già sta accadendo in molte realtà regionali fra cui la Lombardia, la nascita di nuove professioni e professionalità legate a tali processi di riscoperta della montagna.